Hasta siempre Olol, un racconto

(se interessa una versione pdf per la stampa: clicca qui)

novembre 1998, un lunedì

La nebbia avvolge ogni cosa, sembra un velo steso davanti agli occhi a confondere le linee del paesaggio. La serata è umida, la pioggerellina sottile impregna ugualmente gli abiti.
La bici scivola sull’asfalto bagnato cercando di evitare le buche gonfie di acqua limacciosa.
La luce dei lampioni sembra compressa come l’aria pesante della sera, il riverbero disegna il profilo delle mura medioevali della città mentre di fronte una lunga inferriata difende il blocco della questura. Due transenne davanti all’ingresso gocciolano ai piedi della lugubre insegna mentre lo sguardo si posa su quella luce accesa al quarto piano: la legge non chiude gli occhi neanche alle nove di sera. Continua a leggere

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Da Parigi, per Rémi

Nella notte tra sabato e domenica scorsi, Rémi é stato ucciso da una granata della polizia durante una giornata di lotta nella ZAD del Testet, in una mobilitazione che vuole impedire lo scempio di una regione con una mega diga. Da allora la mobilitazione dopo questo assassinio di stato ha coinvolto diverse città di Francia e altrove; questo testo parla di quello che succede a Parigi.

(In caso qui c’è anche la versione per leggerlo in pdf)

Parigi, 3 novembre 2014

Domenica 26 ottobre un messaggio illumina il display del cellulare: “dopo la manifestazione di ieri alla ZAD del Testet è morto un compagno nel corso di scontri con gli sbirri in circostanze non chiare, appuntamento alle 19 a Saint Michel; fate girare”.
Questo lo stringato testo con cui la morte di un manifestante irrompe a Parigi avvisando alcuni tra coloro che si mobilitano sulle lotte nella capitale.une-manifestation-a-la-memoire-de-remi-fraisse-a-paris
La ZAD del Testet è un terreno nel sudovest, vicino a Tolosa, dove il governo e alcuni grandi coltivatori vogliono costruire una mega diga per consentire la produzione intensiva del mais. Il tutto distruggendo un ecosistema (chiamato “zona umida”) ricca di specie rare, ma soprattutto devastando il volto del territorio, espropriando terre e imponendo la logica della “grande opera” come sola espressione dell’uso capitalista di un milione e mezzo di metri quadri di campagna, alberi, vite e villaggi. Il giorno precedente, sabato 25 una grande manifestazione era lanciata e si è svolta nelle zone coinvolte dai lavori, cominciati con l’abbattimento di centinaia di alberi a suon di attacchi polizieschi sistematici a chi si oppone al progetto.
Ricevuto il messaggio inizia la ricerca d’informazioni sulla vicenda: un morto è una botta che stringe lo stomaco, il pensiero corre ai precedenti, a quando proiettili della polizia spezzano vite o infami lame fasciste ci sottraggono i nostri compagni. Un morto è l’irreversibile che ti si scaglia contro e la necessità di fare qualcosa per non subire in silenzio l’ennesima goccia di sfruttamento. Continua a leggere

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Marocco . maggio 2014

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Espaces – Frontières – Entrelacements

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(Spazi – Frontiere – Intrecci) Soleil à mars – sole di marzo  

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Dérive parisienne

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Les rayons trasversales

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Normandie en vélo

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Le XXème in automne

Les derniers rayons de soleil et les feuilles sèches sur le pavé des ruelles du XX° arrondissement parisien. Pas seulment.

Le  photographe vintage

Aprem au parc

Vive la Commune – 1871 –

Feuilles et eau

Sur le beton

Vie long les rails

Vit! La nuit tombe…

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Dopo il 15 ott. interventi per andare oltre

Provo a scrivere a distanza, e ormai a settimane da quel 15 ottobre che tanto ha fatto parlare di sé e che sembra aver portato notevoli accadimenti all’interno del movimento tra tentativi di comprensione della complessità della situazione attuale e reazioni di chiusura identitaria.
Volevo segnalarvi dei testi che ho trovato particolarmente interessanti. Oltre alla segnalazione vorrei proporre una lettura progressiva degli interventi assai diversi tra loro  per provare a inseguire qualche filo di suggestione e riflessione sul presente prossimo venturo.

1. L’intramontabile ed eclettico Bifo interviene su Loop in vista del 111111 lo trovate
qui
Cito un passaggio che trovo particolarmente interessante:
“Cosa faremo? Non si sono ancora spente le polemiche del 15 Ottobre tra i violenti bruciatori di camionette e i pacifici democratici alternativi, e già si promettono servizi d’ordine per proteggere i cortei. E’ come dichiarare la guerra interna. Dal momento che siamo impotenti a fermare le rapide incursioni dei predoni finanziari, ci sfogheremo dandoci un po’ di legnate tra di noi.
Quelli buoni saranno poi premiati con un seggio in Parlamento. Ma esisterà ancora il Parlamento fra un anno? E c’è ancora qualcuno che crede davvero che in Parlamento si possa far cosa diversa dal reggere la coda agli aguzzini mentre eseguono il verdetto della classe predatrice?
E i cattivi? I cattivi si leccheranno le ferite perché è loro vocazione lamentarsi. Spaccano qualche vetrina, tirano bombe carta contro un poveraccio come loro, alzano le braccia in segno di eccitazione estrema poi tornano a casa si fanno una sega e si lamentano perché gli altri non li capiscono.
Cosa dovremmo dimostrare l’11 novembre? Non c’è niente da dimostrare e nessuno cui dimostrare qualcosa. Dovremmo invece iniziare l’azione di riconquista di ciò che ci è stato tolto”
.

Poi offre una serie di idee talvolta visionarie forse un po’ freak o al contrario di una concretezza urgente (autoridurre o riprendersi merci al supermercato), quello che è interessante è il tono, la scelta di non dover inseguire un progetto che deve essere riconosciuto da altri magari attraverso elezioni municipali per le quali bisogna essere disciplinati e non certo eccessivi. È l’urgente del concreto che emerge dal buon Bifo che col suo stile ci ricorda sempre che non ci possono essere maestri da seguire ciecamente (visto che a volte lui pure ne spara di grosse ;)).

2) Un breve intervento di Zizek da Internazionale riproposto da Air (con un po’ di mia sorpresa…) il cui titolo è diretto e impietoso “l’illusione della democrazia”, qui il testo:

Un estratto: “In questo momento le critiche al capitalismo non mancano: siamo sommersi da storie di imprese che inquinano spietatamente l’ambiente, banchieri che intascano bonus enormi mentre le loro banche sono salvate dal denaro pubblico, fabbriche che sfruttano i bambini per confezionare abiti destinati a negozi di lusso. Ma c’è un tranello. Il presupposto è che la lotta contro questi eccessi dovrebbe svolgersi nel quadro liberaldemocratico. L’obiettivo è democratizzare il capitalismo, estendere il controllo democratico sull’economia globale grazie alla denuncia dei mezzi d’informazione, a inchieste parlamentari, leggi più severe, indagini di polizia eccetera. Ciò che non si mette mai in discussione è il quadro istituzionale dello stato democratico borghese”.

Non si tratta solo di filosofia politica ma può essere preso come un tentativo di andare oltre la tendenza uniforme alla rivendicazione di “più democrazia diretta/partecipata/dal basso/del comune…” per provare, tentare a dirsi “ma non è forse l’abbattimento del capitalismo che diviene l’obiettivo prioritario?” forse più che domandarsi quale formula democratica può concederci un meno peggio…

3) Un testo trovato su Indymedia che abborda in maniera per me assai stimolante il problema sollevato negli altri due testi, che propone sebbene in un livello assai “semantico” un idea di rifiuto dell’abitudine e del prevedibile nell’orizzonte politico. Ha una posizione ben definita e intende riflettere su ciò che accade nel movimento del post 15 ottobre. Il testo, titolato Solo Parole? è qui:

Una frase significativa: “Attingiamo pensieri e concetti da un immaginario che percepiamo nostro solo perché ci siamo cresciuti assieme, ma che non abbiamo ideato noi. Non è affatto una nostra creatura, unica ed originale, strappata alle banalità dei luoghi comuni attraverso una dura ricerca e una selezione. Ci è stato instillato giorno dopo giorno, già fabbricato e preconfezionato. Noi lo abbiamo solo adattato alla nostra misura. Da qui abbiamo assorbito il rispetto per l’autorità, il sentimento di “appartenenza”, la paura o l’orrore per l’ignoto. Da qui abbiamo ricavato anche quella critica spuntata, incapace di andare oltre i confini del già dato (quella che davanti alle devastazioni del capitalismo è in grado di rivendicare al massimo merci senza logo, quella per cui il conflitto non può che essere istituzionale e normativo). Non potendo battersi per un’esistenza che sia tutt’altro, ci si limita a pretendere una diversa configurazione del medesimo”.

È uno stimolo di riflessione sul linguaggio che usiamo nelle lotte e nel formulare i nostri desideri e le nostre convinzioni perché forse girano troppe “narrazioni tossiche” che ci ingabbiano in un modello dove dietro l’alternativa spesso si annida “la non-discontinuità”.

Grazie per essere, in caso, arrivati fin qua, buona lettura!
Sperando che in qualche modo possa essere utile alla discussione.
d.

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Genova 10 anni dopo, un racconto di prospettiva

Non dimenticare, guardiamo indietro…per proseguire

All’avvicinarsi del decennale di Genova ‘01 ho provato a scrivere qualche cosa a partire dalla mia esperienza, anche solo per non dimenticare quello che è stato. Un tentativo di narrazione soggettiva, un bisogno di riprendere i ricordi e una voglia di riflettere su ciò che quei giorni hanno rappresentato, per il movimento e per chi lo vive. Perché il racconto ha un’angolatura tutta particolare e oltre alle immagini ormai familiari, ci sono anche altri modi di trasmettere ciò che a Genova si è vissuto.

Ecco la versione da leggere sullo schermo:
genova_10anni_web

Ecco, invece, il file impaginato se volete stampare il testo in formato libretto a5:
genova10anni_t-livret

Buona lettura!

Qui invece la versione online:

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