Provo a scrivere a distanza, e ormai a settimane da quel 15 ottobre che tanto ha fatto parlare di sé e che sembra aver portato notevoli accadimenti all’interno del movimento tra tentativi di comprensione della complessità della situazione attuale e reazioni di chiusura identitaria.
Volevo segnalarvi dei testi che ho trovato particolarmente interessanti. Oltre alla segnalazione vorrei proporre una lettura progressiva degli interventi assai diversi tra loro per provare a inseguire qualche filo di suggestione e riflessione sul presente prossimo venturo.
1. L’intramontabile ed eclettico Bifo interviene su Loop in vista del 111111 lo trovate
qui
Cito un passaggio che trovo particolarmente interessante:
“Cosa faremo? Non si sono ancora spente le polemiche del 15 Ottobre tra i violenti bruciatori di camionette e i pacifici democratici alternativi, e già si promettono servizi d’ordine per proteggere i cortei. E’ come dichiarare la guerra interna. Dal momento che siamo impotenti a fermare le rapide incursioni dei predoni finanziari, ci sfogheremo dandoci un po’ di legnate tra di noi.
Quelli buoni saranno poi premiati con un seggio in Parlamento. Ma esisterà ancora il Parlamento fra un anno? E c’è ancora qualcuno che crede davvero che in Parlamento si possa far cosa diversa dal reggere la coda agli aguzzini mentre eseguono il verdetto della classe predatrice?
E i cattivi? I cattivi si leccheranno le ferite perché è loro vocazione lamentarsi. Spaccano qualche vetrina, tirano bombe carta contro un poveraccio come loro, alzano le braccia in segno di eccitazione estrema poi tornano a casa si fanno una sega e si lamentano perché gli altri non li capiscono.
Cosa dovremmo dimostrare l’11 novembre? Non c’è niente da dimostrare e nessuno cui dimostrare qualcosa. Dovremmo invece iniziare l’azione di riconquista di ciò che ci è stato tolto”.
Poi offre una serie di idee talvolta visionarie forse un po’ freak o al contrario di una concretezza urgente (autoridurre o riprendersi merci al supermercato), quello che è interessante è il tono, la scelta di non dover inseguire un progetto che deve essere riconosciuto da altri magari attraverso elezioni municipali per le quali bisogna essere disciplinati e non certo eccessivi. È l’urgente del concreto che emerge dal buon Bifo che col suo stile ci ricorda sempre che non ci possono essere maestri da seguire ciecamente (visto che a volte lui pure ne spara di grosse ;)).
2) Un breve intervento di Zizek da Internazionale riproposto da Air (con un po’ di mia sorpresa…) il cui titolo è diretto e impietoso “l’illusione della democrazia”, qui il testo:
Un estratto: “In questo momento le critiche al capitalismo non mancano: siamo sommersi da storie di imprese che inquinano spietatamente l’ambiente, banchieri che intascano bonus enormi mentre le loro banche sono salvate dal denaro pubblico, fabbriche che sfruttano i bambini per confezionare abiti destinati a negozi di lusso. Ma c’è un tranello. Il presupposto è che la lotta contro questi eccessi dovrebbe svolgersi nel quadro liberaldemocratico. L’obiettivo è democratizzare il capitalismo, estendere il controllo democratico sull’economia globale grazie alla denuncia dei mezzi d’informazione, a inchieste parlamentari, leggi più severe, indagini di polizia eccetera. Ciò che non si mette mai in discussione è il quadro istituzionale dello stato democratico borghese”.
Non si tratta solo di filosofia politica ma può essere preso come un tentativo di andare oltre la tendenza uniforme alla rivendicazione di “più democrazia diretta/partecipata/dal basso/del comune…” per provare, tentare a dirsi “ma non è forse l’abbattimento del capitalismo che diviene l’obiettivo prioritario?” forse più che domandarsi quale formula democratica può concederci un meno peggio…
3) Un testo trovato su Indymedia che abborda in maniera per me assai stimolante il problema sollevato negli altri due testi, che propone sebbene in un livello assai “semantico” un idea di rifiuto dell’abitudine e del prevedibile nell’orizzonte politico. Ha una posizione ben definita e intende riflettere su ciò che accade nel movimento del post 15 ottobre. Il testo, titolato Solo Parole? è qui:
Una frase significativa: “Attingiamo pensieri e concetti da un immaginario che percepiamo nostro solo perché ci siamo cresciuti assieme, ma che non abbiamo ideato noi. Non è affatto una nostra creatura, unica ed originale, strappata alle banalità dei luoghi comuni attraverso una dura ricerca e una selezione. Ci è stato instillato giorno dopo giorno, già fabbricato e preconfezionato. Noi lo abbiamo solo adattato alla nostra misura. Da qui abbiamo assorbito il rispetto per l’autorità, il sentimento di “appartenenza”, la paura o l’orrore per l’ignoto. Da qui abbiamo ricavato anche quella critica spuntata, incapace di andare oltre i confini del già dato (quella che davanti alle devastazioni del capitalismo è in grado di rivendicare al massimo merci senza logo, quella per cui il conflitto non può che essere istituzionale e normativo). Non potendo battersi per un’esistenza che sia tutt’altro, ci si limita a pretendere una diversa configurazione del medesimo”.
È uno stimolo di riflessione sul linguaggio che usiamo nelle lotte e nel formulare i nostri desideri e le nostre convinzioni perché forse girano troppe “narrazioni tossiche” che ci ingabbiano in un modello dove dietro l’alternativa spesso si annida “la non-discontinuità”.
Grazie per essere, in caso, arrivati fin qua, buona lettura!
Sperando che in qualche modo possa essere utile alla discussione.
d.